Bruno Rovesti

Antologia critica

“NEL GENERE È PERFETTO, È UN MAESTRO”


(...) Bruno Rovesti, pittore contadino nato a Gualtieri nell’Emilia quarant’anni fa, povero, e oggi poverissimo per via dell’alluvione. È un vero ingenuo, senza trucchi. Possiamo dunque permettergli - una volta tanto - di invitare direttamente il pubblico all’acquisto, garantendo una graziosa decorazione che resisterà bene alle mode e, insomma, una merce non adulterata di piena fiducia. Bruno Rovesti è quello che è. Ha una fantasia veramente infantile, pura, pulita. Segue la maniera -staremmo per dire 1’accademia – comune a tutti i candidi a tutte le età, di tutti i luoghi, di tutti i tempi. Ha il linguaggio solito, immediatamente comprensibile ed accettabile, fatto di quelle convenzioni, comodità e soluzioni grafiche, prospettiche cromatiche che adoperano nei secoli dei secoli gli artisti non artisti, i cosiddetti spontanei, i primitivi. Naturalmente gli piace assai descrivere, raccontare, spiegare: ora la città di ogni giorno, il piccolo mondo che lo circonda, ora mondi lontani, meravigliosi e ambiziosi. Si diverte lui e lo spettatore. E naturalmente, data 1’inesperienza pittorica, 1’espressione deve essere stilizzata e quasi scritta, quasi da diventare decorativa, stabile, fissa e talvolta magari alfabetica. Come in tutti i candidi. Ma bisogna aggiungere che per suo conto Bruno Rovesti del bel senso decorativo ne ha veramente molto e che ritma bene i suoi elementari colori, e che trova, specie nei verdi, nei grigi, nei bianchi accordi assai fini eppure forti. È poetico, buono gentile. Nel genere è perfetto, è un maestro.
Quanto ai presentatori, degno finalmente di lode Giorgio Kasserlian che oggi non nega affatto una “possibile nascita della figuratività in pittura” e che “ostile ad ogni accademismo delle novità, e
dell’ultima parola detta”, conclude affermando: “L’arte autentica è sempre al di là di ogni fracasso e vive - come tante figure di Rovesti - in un silenzio inerme”.

LEONADO BORGESE (Corriere della Sera , 4 gennaio 1952).

 

ROVESTI NEL MIRINO DI GRANDI CRITICI


Nella Bassa reggiana, non lontano dal Po, a Gualtieri, paese già rimasto quasi completamente sommerso dalla piena del maggiore fiume italiano, a Codisotto, in una squallida dimora presa in affitto, vive il Contadino Celebre (c’è chi ha aggiunto “assai”) Bruno Rovesti. Un tipo buono, semplice, ma con certe idee tutte originali, come quella piuttosto buffa di aspirare di avere un giorno un’automobile  potente… che sorpassi a volo d’elicottero le altre automobili... Alleva colombi viaggiatori che ama quasi più dei propri familiari... Se desidera 1’auto è solo perché crede di acquistar miglior credito, ma nella sua ingenuità non riesce forse a capire che il credito glielo danno le sue opere, specialmente se divulgate al giusto prezzo ovunque e non nella camera da letto dove le tiene ben custodite.

NEVIO IORI (Scritti sull’arte naive, scelti e ordinati da Corrado Rabotti, 1993).

 

DIPINGE SENZA PENTIMENTI


(...) È un ometto curioso, con una faccia cotta e sospesa tra l’infanzia e la vecchiaia, come certi visi che inquietano dai sarcofaghi etruschi. Dipinge senza pentimenti e senza correzioni.

GIORGIO RICCIOLI (Gazzetta di Mantova, 7 maggio 1949)

 

IL PIÙ SCHIETTO DEI PRIMITIVI


(...) Il Rovesti forse il più schietto dei “primitivi” italiani. La sua pittura si appoggia a una vena lirica di narrativa popolaresca ed i suoi colori obbediscono incantevolmente all’emozione ed alle invenzioni nelle quali Rovesti dipana il filo dei suoi trasognati personaggi.

ORIO VERGANI (L’Illustrazione Italiana, novembre 1952)

 

IL PITTORE CONTADINO ALLA QUADRIENNALE DI ROMA


(...) Un quadro di Bruno Rovesti, il pittore contadino che cominciò a dipingere senza cultura (...), è stato accettato dalla apposita Commissione d’esame per essere esposto alla Quadriennale in corso. Il dipinto prescelto su tre lavori ha per soggetto uno scorcio di “foresta brasiliana”.

FRANCO RUSSOLI, 1960

 

IL SUO PENNELLO SCHIOCCA LA LINGUA


(...) Pittura e disegna, ma continua a coltivare il suo pezzetto di terra e a sarchiare la vigna. La sua arte è a somiglianza del suo carattere (...) A quadri espressionisti si mescolano pezzi squisiti, dove il pennello sembra schioccare la lingua come gustasse una buona bottiglia. Ed è proprio in quei momenti che esce un mucchio di medaglie che egli ha raccolto nelle varie esposizioni (...)

ANATOLE JAKOVSKY (Peintres naifs, Basilius presse, Basel 1967)

 

LA SERIE ATOMICA


(...) Di recente il suo universo agreste si è arricchito della serie atomica in cui case, alberi, tronchi e persone esplodono, si macerano, si disintegrano, si annichiliscono (...) I suoi quadri si trovano in gallerie di mezzo mondo: nobili, industriali, attori se li disputano (...)

MARIO PANCERA ( “Annabella”, 19 ottobre 1971)

 

LA STATURA STRAORDINARIA DI UN NAIF AUTENTICO


(...) Circa la caratteristica di “candido”, attribuita da Negri come peculiarità definente lo stile della sua pittura, c’è da osservare che (per Rovesti) questo non è 1’unico tratto distintivo; infatti, come aveva acutamente osservato Zavattini “come in un imbuto sono entrati nel nostro padano tutti gli
aggettivi che il tempo ha sparso sui naifs, non uno che gli sia estraneo, dal serafico all’ingenuo, al candido e finalmente al più raro, il drammatico”.
Qualche osservazione ora sulla mostra costituita da una selezione di opere veramente eccezionali che ci restituiscono in pieno la misura e la statura straordinaria di questo naif autentico. Schietto ed essenziale, ma ricco di intuizioni felici, di accordi cromatici consonanti alle sue personalissime invenzioni compositive (...)

DINO MENOZZI (L’Arte Naive, n. 60, AGE, 1998)

 

UN CAPOSCUOLA


(...) Molti sono i pittori naifs che hanno tratto stimolo dall’opera di Bruno Rovesti: c’è da chiedersi se il nostro non abbia ragione quando rampogna i colleghi apertamente e li accusa di averlo copiato. È certo comunque (poiché riconosco una validità anche alla pittura ingenua costruita o voluta) che un tipo di figurazione “alla Rovesti” ha fatto epoca e ha ancora oggi numerosi imitatori che hanno quasi creato “un genere” all’interno della casistica della espressione della pittura ingenua. Rovesti è dunque un caposcuola (...) È la sua una natura rustica nella quale gli uomini si muovono come in un misero e povero paradiso terrestre (...)

RENZO MARGONARI ( “Naifs ?” ed. La Nazionale Parma, 1973)

 

DALL’IDILLIO AL DRAMMA


(...) Dare un aspetto naturale con uomini e animali travolti dalle acque limacciose in un turbinio di cieli minacciosi è certamente un modo per incanalare la paura, per controllarla e dominarla, per avere strumenti per rappresentarla, perché la fantasia sulle conseguenze non potrebbe reggere ad una visione reale e all’oggettivazione di una angoscia delle quali Rovesti non aveva possibilità di avere esperienza concreta. La piena del Po - come non ricordare quella terribile del 1952 che travolse Gualtieri! - rende quindi in qualche modo il senso di una tragicità e fatalità che, proprio dall’impotenza di esprimerle, traggono maggiore drammaticità, toni più cupi e disperati (...)

MARZIO DALL’ACQUA (I Maestri Naifs, Museo nazionale Cesare Zavattini, Luzzara 1996)

 

LA TECNICA


Egli dipinge preferibilmente su tavole di faesite o compensato, sulle quali stende un fondo preparatorio di cementite e poi, a retro delle stesse, a quadro ultimato, è solito narrare, con scrittura incerta e sgrammaticata (spesso incomprensibile) la storia dell’avvenimento e dell’ambiente rappresentati. Firma poi il tutto con la scritta Rovesti Bruno Pittore Celebre, per differenziarsi dagli altri pittori naifs che ritiene inferiori a lui (...)

SERGIO NEGRI (dalla presentazione della mostra organizzata dal Comune di Gualtieri nel 1997)

 

L’ESCLAMAZIONE DI CESARE ZAVATTINI


Caro Rovesti, carissimo, grande tuo malgrado!

(Catalogo Bolaffi, fotografie di Gianni Berengo Gardin, Torino 1973).

 

Dal 1969 al 1978 (anno nel quale ha esposto alla Galleria 13 di Reggio Emilia) Bruno Rovesti ha tenuto quarantatré personali in varie città italiane oltre che a Parigi e a Bruxelles. Nello stesso lasso di tempo ha ottenuto trentadue premi e onorificenze, tra cui un primo premio a Suzzara nel 1949, una segnalazione a Bruxelles nel 1954, una menzione d’onore alla Quadriennale di Roma nel 1955, una medaglia d’argento a Roma nel 1963, un premio acquisto a Parigi nel 1966, una menzione d’onore a Bratislava nel 1968, il primo premio a Luzzara nel 1969, un diploma d’onore a Morges (Svizzera) nel 1973.

(Dal volumetto stampato nel mese di novembre 1978 per conto della Galleria d’Arte 13 di Reggio Emilia in 500 copie numerate)